Continua la protesta degli agricoltori veneti contro Politica Agricola Comunitaria, sostenuta anche Federazione Lavoratori Agro Industria (Flai) della CGIL. Le produzioni agricole non sono infatti adeguatamente retribuite dalle grandi catene distributive.
Gabriele Caruso
Da giorni stiamo vedendo sfilare trattori sulle arterie stradali di tutta la Penisola. Tra di essi ci sono anche gli agricoltori veneti, i quali si uniscono al coro contro le politiche agricole dell’Unione Europea. Nella maggior parte dei casi le proteste sono organizzate da gruppi di attivisti o piccole associazioni, che agiscono in modo indipendente, nonostante i rappresentanti sindacali di questa categoria non mancano di mostrare vicinanza ai manifestanti.
Nella fattispecie, è lo stesso segretario generale della Flai Cgil Veneto, Giosuè Mattei, che interviene sulle problematiche legate alle proteste e mostra vicinanza agli agricoltori della regione Veneto: «Pensiamo che le norme europee dovrebbero essere da stimolo per costruire le basi di un’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale e produttivo, attraverso gli investimenti messi a disposizione dalla nuova PAC. Se questo settore vuole sopravvivere, e contestualmente dare un contributo per migliorare le condizioni ambientali e climatiche del pianeta, deve necessariamente rinnovarsi e cogliere le sfide che queste criticità ci impongono. Le coltivazioni intensive, le irrorazioni massicce di fertilizzanti chimici anche proibiti e dannosi per la salute, gli allevamenti intensivi, stanno distruggendo l’ambiente e gli insetti impollinatori nonché rendendo le superfici agricole sterili. Altra questione è invece quella della remunerabilità delle produzioni che non è materia né responsabilità delle istituzioni europee».
Tuttavia, a differenza di molti agricoltori indipendenti, il Segretario Mattei individua nel Governo il vero colpevole di questa crisi: «C’è un tema assolutamente concreto: le produzioni agricole non sono adeguatamente retribuite dalle grandi catene distributive e i margini spesso sono così ridotti da non riuscire neppure a sostenere il costo di produzione. Questo meccanismo infernale è tra le concause che alimentano lo sfruttamento lavorativo ai danni di lavoratori e lavoratrici. Bisognerebbe protestare – continua Mattei – contro questo modello di sviluppo sociale che impone un consumismo just in time e una filiera così lunga e dispersiva da assorbire tutti i margini di profitto che dovrebbero essere destinati a chi produce i beni agricoli. C’è però un punto critico, ovvero la scarsa propensione dei produttori a organizzarsi come massa critica contro la concorrenza dei paesi UE ed extra UE. Le proteste dovrebbero essere quindi rivolte al Governo, che potrebbe fare molto per riformare il sistema produttivo e distributivo. Mettere in discussione il Green Deal europeo e gli strumenti della Politica Agricola Europea (PAC) non è la soluzione».
Last modified: Febbraio 3, 2024