Scritto da 1:53 pm Venezia, Cronaca

Il Padiglione di Israele alla Biennale rimarrà chiuso a tempo indeterminato

VENEZIA (martedì 16 aprile 2024) – Il mondo dell’arte si trova di fronte a un gesto di profonda riflessione e impegno sociale mentre il Padiglione di Israele alla Biennale di Venezia, originariamente destinato ad aprire oggi per la stampa e al pubblico il 20 aprile, rimarrà chiuso fino a nuovo avviso. Una decisione sorprendente, ma carica di significato, che testimonia l’impatto e il coinvolgimento dell’arte nei dilemmi più pressanti della società contemporanea.

Di Daniel Caria

Il messaggio chiaro e deciso è stato comunicato attraverso un cartello affisso sulla vetrata del padiglione, dove si legge inequivocabilmente: “L’artista e i curatori apriranno l’esibizione quando sarà raggiunto un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.” Un atto di protesta contro il conflitto in corso e una richiesta di pace e libertà.

L’artista dietro questa decisione audace è Ruth Patir, il cui lavoro e impegno hanno spesso affrontato temi complessi legati alla politica, alla storia e all’identità. In una dichiarazione al New York Times, Patir ha spiegato il suo ragionamento dietro questa scelta, descrivendo la situazione a Gaza come “molto più grande” di lei stessa. Nonostante l’incredibile opportunità professionale rappresentata dalla Biennale di Venezia, Patir ha sentito l’urgenza di agire in linea con i suoi valori e le sue convinzioni.

La decisione di chiudere il Padiglione di Israele non è stata presa alla leggera. È il risultato di una profonda riflessione e di una consapevolezza della complessità della situazione. Patir stessa ha ammesso di detestare questa decisione, ma allo stesso tempo riconosce la sua importanza nel contesto attuale. È un gesto di solidarietà e di speranza per un futuro migliore.

È interessante notare che questa scelta non è stata necessariamente supportata o approvata dal governo israeliano. Si tratta piuttosto di un’iniziativa personale dell’artista e dei curatori coinvolti, che hanno condiviso la sua visione e il suo impegno.

Questa decisione evoca inevitabilmente paralleli con situazioni simili nel passato, come la protesta degli artisti russi durante la Biennale del 2022 in seguito all’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, ci sono differenze significative: mentre in quel caso c’è stata una chiara condanna dell’aggressione da parte dei vertici della Biennale, in questa situazione la decisione è stata presa senza un simile sostegno istituzionale.

Il Padiglione di Israele era stato oggetto di attenzioni e polemiche già prima di questa decisione, con richieste di ritiro dall’esibizione da parte di diverse organizzazioni e individui. Tuttavia, la chiusura del padiglione non sembra essere stata motivata principalmente da queste pressioni esterne, ma piuttosto da una volontà interna di agire in coerenza con i valori dell’artista e dei curatori.

Questa scelta, senza dubbio, solleverà dibattiti e discussioni all’interno della comunità artistica e oltre. È un promemoria potente del potere dell’arte di essere un catalizzatore per il cambiamento sociale e politico. Mentre il Padiglione di Israele rimane chiuso, rimane aperta la speranza che un giorno possa riaprire in un contesto di pace e libertà.

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Last modified: Aprile 16, 2024
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